Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/418

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4u2 ~ LI URO rinuncia al papato, egli ancora in mezzo a quell’augusta assemblea depose spontaneamente le insegne di cardinale, e andò a sedere tra gli inferiori prelati. Ma tutti i Padri di quel concilio vollero che ei conservasse quelle divise d’onore dovute a’ suoi meriti. Quindi dal pontefice Martino V, eletto in quello stesso concilio, fu inviato nel a richiesta dell’imperador Sigismondo, in Ungheria per ridurre alla cattolica fede que’ popoli infetti dall’eresia degli Ussiti. Ma la loro ostinazione non gli permise di ritirarne gran frutto. Ei morì in Buda l’anno 1419 e il concetto che delle sue virtù rimase in que’ popoli, e i prodigi onde ne fu famoso il sepolcro, fecero ch’ei fosse tosto onorato come beato. I PP. Quetif ed Echard parlano a lungo delle opere da lui scritte, che sono spiegazioni e comenti di alcune parti della sacra Scrittura, sermoni da lui detti in diverse occasioni, e varj trattati ascetici e teologici. Tra questi vi è quello da lui intitolato Lucula noctis, e scritto contro il libro di Coluccio Salutato de Fato et Fortuna, di cui abbiamo altrove fatta menzione (t. 5, par. 2). Niuna però di esse è mai uscita alla luce, fuorchè un trattato della Carità, di cui si hanno più edizioni. Al catalogo di queste opere, datoci da’ due suddetti bibliotecarj, conviene aggiugnere non poche lettere italiane di questo cardinale, stampate in Firenze nel 1736, tra le Lettere dei Santi e Beati fiorentini pubblicate dal canonico Biscioni. Vuolsi qui avvertire un error del Fabricio, che ha confusi insieme il Cardinal Giovanni di Domenico con fra Domenico da Giovanni dello stesso Ordine