Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/436

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420 LIBRO ad unirsi con loro; e dal parlare di Bernardino eccitato ad entrare egli pure nella carriera apostolica da lui battuta, gli si diè per alcuni mesi a compagno (ib. p. 177), e formatosi su un tal modello, divenne uno de’ più zelanti predicatori e dei più dotti teologi di questo secolo. E il primo saggio dell1 efficacia del suo zelo diede egli in Modena, ove recatosi a predicare l’anno 1423, ne trasse quel copiosissimo frutto ch’egli stesso descrive (ib. p. 180). Ma l’eloquenza di Alberto si scuopre più negli elogi che di lui ci han fatto gli scrittori contemporanei, che ne’ Sermoni latini da lui composti, alcuni de’ quali si hanno alle stampe, e non mi sembrano, per vero dire, molto eloquenti. Nondimeno Guarin da Verona, in una sua lettera pubblicata da’ PP. Martene e Durand (Collect. ampliss. t. 3, p. 855) ne dice le più gran lodi del mondoj se pure l’essere Alberto stato già suo scolaro non ebbe in tai lodi gran parte. Francesco Barbaro ancora, che non potea muoversi per somigliante riguardo, ne parla con sentimenti di altissima stima in una sua lettera scritta al marchese Leonello d’Este nel 1435 (Barbar. ep. 9). Era allora Alberto in Ferrara, e avea risoluto di navigare in Terra Santa per predicare agli Infedeli. Perciò il Barbaro prega caldamente Leonello, che distolgalo da tal consiglio , rappresentandogli l’inutilità di un. tal viaggio, atteso il non sapersi da lui la lingua di que’ barbari popoli, e insieme i pericoli a cui si espone. Gli fa riflettere che è assai meglio proseguire con certo frutto l’evangelica predicazione in Italia, che l’andare in cerca