Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/531

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SECONDO 5 I 5 che doveasi aspettar da un filosofo: Doleo vicem hominis docti ferentis mollius lume cjus castali t. quatn lati tue virtuti conce ni at. Parole poco felicemente intese dal Boernero, che citando questa lettera stessa dice che Giovanni mitius filii interitum tulit (l. cit). Egli è vero però, che Pietro Alcionio, citato pure dal Boernero, ci rappresenta Giovanni come fermo ed intrepido nella sua afflizione, narrando che Pietro de’ Medici ne stupì, e che interrogatolo onde traesse sì gran fortezza, Giovanni risposegli ch’ei seguiva in ciò gli esempj di Cosimo di lui padre (De Exil. fol 3, 11). A me par nondimeno che l’autorità del cardinale degli Ammanati sia troppo più valida che quella del1 Alcionio. Forse allo stesso Cardinal Bessarione dovette l’Argiropulo la sua andata a Roma, e la cattedra che ivi ebbe di lingua greca. Giovanni Reuchlino racconta (Rudim. Hebr. l. 1) di averlo ivi udito egli stesso legger pubblicamente Tucidide a’ tempi di Sisto IV; e Filippo Melantone, nell’Orazione da lui composta in lode dello stesso Reuchlino, afferma che avendo questi per comando dell’Argiropulo presa a leggere e a spiegare una parlata di quello storico, il maestro ne rimase attonito in tal maniera , che dolente esclamò essere ormai la Grecia volata di là dell' Alpi. Espressione tanto più a pregiarsi nell’Argiropulo, quanto maggiore era l’odio ch’egli avea contro i Latini tutti generalmente , talchè non temeva di dire che Cicerone e nella lingua greca e nella filosofia era stato uomo del tutto ignorante (Polit. l. cit.). Non è ben certo in qual anno egli