Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/590

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5^4 I-IBRO Ann. A Ital. ad. li. a.), e in noi tre parla del corso che doveva tener Venere nell1 anno i4y0- Venut alìquando per integrimi armimi progredietur, situi anno mcccclxxxx acc’ulet (c. 36). In Italia ancora egli scrisse il libro più volte accennato De dictis et factis Matthiae Regis , come si pruova manifestamente dal dire che in esso ei là: cum in JIunga ri a jam duobus annis elapsis fui (c. 31), con che pruova abbastanza eli ei non vi era, mentre scrivea tal libro. Ei dedicollo a Giovanni figliuolo naturale di quel sovrano, vivente però ancora il padre; perciocchè nel fine di esso ei dice: Hunc libellum, inclite Dux, dicavimus tibi, sed censoreni Judicemque Regium Maithiam consti luinius (c.32); e perciò esso non potè essere scritto dopo il i 400? c^ie E ultimo della vita del re Mattia.

XXX. Fin quando vivesse Galeotto, non è ben certo, e più incerto ò ancora di qual morte morisse; perciocchè due scrittori, vissuti amendue con lui qualche anno, discordano in ciò stranamente 1 uno dall’altro, e fan discordare i più recenti scrittori, de’ quali chi siegue l’uno, chi l’altro. Il Giovio dice in breve ch’ei morì vecchio a Montagnana presso Este sul Padovano, soffocato dalla soverchia grassezza. Gian Pietro Valeriano al contrario racconta (De Litterator. Infelic. l. 1, p. 30, ed. ven. 1620) che Galeotto, mentre stava alla corte del re Mattia, invitato da Luigi XI re di Francia, partì dall’Ungheria per colà trasferirsi, e che giunto a Lione, nell’entrare a cavallo in città, incontrossi col re che ne usciva, e che volendo perciò scendere a terra; trascinato dalla sua enorme