Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/644

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6a 8 libro stro italiano: Scrisse egli (P Alberti) alcuni libri sulla pittura, e con quest’arte fece, opere non più udite, e incredibili a quei medesimi che le vedeano. Ei le avea racchiuse in una picciola cassa, e le mostrava per mezzo di un picciol foro. Tu avresti ivi veduti altissimi monti e vaste provincie intorno al mare y e più ila lungi paesi così lontani, che 1’’occhio non ben giungeva a vederli. Tai cose eran da lui dette, dimostrazioni, ed esse erano tali che i rozzi e i dotti credevano di veder cose reali, non già dipinte. Due sorti ne, avea; altre diurne, altre notturne. Nelle notturne vede ansi Arturo, le. Pleadi, Orione, ed altre stelle splendenti; rimiravasi sorger la luna dietro alle cime de’ monti, e distinguevansi le stelle che precedon f aurora. Nelle diurne vedeasi il Sole, che per ogni parte spargeva i suoi raggi. Ei fece stupire alcuni grandi della Grecia. c/t erano bene esperti nelle cose di mare; perciocchè mostrando loro per mezzo di quel picciolo pertugio questo suo finto mondo, e chiedendo lor che vedessero; ecco, dissero, che noi veggiamo un annata navale fra t. onde: essa giugnerà qua innanzi al mezzodì, se pure qualche tempesta non tratterralla; perciocchè veggiamo il mare che comincia a gonfiarsi, e ripercuote troppo i raggi del Sole. Egli era più intento a trovar tali cose, che a promulgarle, perciocchè più dilettavasi di esercitar l’ingegno, che di ottener fama. Questa descrizione sembra che non possa intendersi che di una camera ottica, di cui quindi converrebbe attribuir P invenzione all’Al berti, e non a Giambatista Porta