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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/184

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LIBRO converrebbe vedere su qual fondamento egli assegni la morte di Pietro Francesco al 1478. Quindi finchè non si producano più autorevoli monumenti, io inclino a credere che Pietro e Pietro Francesco non siano che un sol personaggio; e che a quello di cui abbiamo finor ragionato, si debbano attribuire ancora que’ due opuscoli manoscritti che il P. abate Ginanni attribuisce al secondo. Nel qual caso sarà chiaramente provato che il nostro Pietro fu veramente della famiglia de’ Tommei! ossia de’ Tommasi; poichè il suddetto scrittore cita un Consiglio da lui disteso, che conservasi manoscritto nella libreria di Classe, a cui così egli si sottoscrive: Ego Petrus Franciscus de Thomagris de Ravenna Juris utriusque Doctor jura Civilia publice legens in florentissimo studio Pa~ duano. Io debbo qui ancora avvertire che Ambrogio Camaldolese in due sue lettere parla di un Pietro, di cui però non dice la patria, e in una lo appella Petrus memoriosissimus (l. 8, ep. 3), e in un’altra Petrus ille nostcr peri tissimns artifex memoriae (ib. ep. 6). Io crederei volentieri che qui si trattasse del nostro Pietro. Ma come può ciò concedersi? Amendue queste lettere sono scritte nel 1423, poichè vi si parla della venuta dell’imperador greco, non già pel concilio di Ferrara, ma per chieder soccorso contro de’ Turchi; cioè dell’imperador Giovanni Paleologo, che giunse a Venezia nel 1423, come chiaramente vedremo parlando del gramatico Giovanni Aurispa, del cui ritorno in Italia avvenuto in quest’anno medesimo si parla ivi pure da Ambrogio. Or come potea già