Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/391

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TERZO ,o33 ragiona ancora monsig. Giorgi (Vita Nicol. V, p. 176, ec.) , il quale osserva che Giorgio da Trabisonda si dolse di Poggio, che avendogli egli prestato continuo aiuto nella traduzione di quelle due opere per comando del pontefice Niccolò V, il solo Poggio ne avesse avuta tutta la gloria. Io terminerò di favellare di questo famoso scrittore, riferendo l’elogio che ce ne ha lasciato Paolo Cortese, uno de’ più saggi giudici di quell’età in ciò che appartiene ad eloquenza e a stile (De Homin. doct. p. 22, ec.): Illis temporibus in Poggio Florentino quaedam species eloquentiae apparuit, in quo si tale artificium fuisset, quale ingenium ad scribendum fuit, omnes profecto ejus aequales dicendi gloria vicisset. Is Orationes reliquit, quae et facundiam et mirificam ingenii facilitatem ostendunt. Tendebat toto animo et quotidiano quodam usu ad attingendum M. Tullium. Sed habet hoc dilucida illa divini hominis in dicendo copia , ut aestimanti se imitabilem praebeat, experienti spem imitationis eripiat. Eam igitur dicendi laudem Poggius si non facultate, at certe voluntate complectebatur. Scripsit etiam Historiam. Sed est magnum munus historia , et, ut paulo ante, dixi, omnium rerum difficillimum. XXXUI. Dopo questi celebri storici un altro n’ebbe Firenze, il quale però non ottenne di andar con loro del pari , nè di veder le sue storie accolte con ugual plauso che quelle. Ei fu Bartolommeo Scala detto ancora Vopisco, perchè gemello, natio di Colle in Valdelsa, e figliuol di un mugnaio, come con certissimi