Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/462

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1 I O.j LIBRO LVHI. Intorno alle opere del Panormita io non lio elie aggiugnere a ciò che ne han detto i sopracitati scrittori. I quattro libri de’ Detti c de1 Fatti del re Alfonso, di cui abbiamo più edizioni, c che furono fin d’allora illustrati con giunte e con note da Enea Silvio Piccolomini, e f opuscolo intitolato Alphonsi Regis triunisuoi libri (Episf. p. 38), e a Pavia egli passò per consiglio dell’arcivescovo di Milano Bartolommeo Capra da lui trovato in Genova, ove per non so quale occasione si era portato (ib. p. 7). In Pavia attese principalmente allo studio della giurisprudenza (ib. p. 38), e da questa città sono scritte per la più parte le lettere che ne’ primi quattro libri si leggono. Ma esse non han data, e son disposte senza alcun ordine, e perciò non se ne trae per la storia quel vantaggio che se ne potrebbe sperare. In una di quelle lettere ei parla a lungo della nobiltà della sua famiglia oriunda da Bologna , e de’ suoi illustri maggiori; e nomina principalmente Arrigo suo padre, che da Martino re di Sicilia era stato onorato delle divise di cancelliere ib. p. 47). Nomina nella stessa lettera un’altra sua moglie detta per nome Filippa (p. 74)1 che fu probabilmente la prima ch’egli ebbe, mentre era in Lombardia; poichè colla Laura Arcelli già nominata egli vivea, quando stava nel regno di Napoli. Parla di una sua orazione detta ai Genovesi (p. 89), che è quella probabilmente che si ha alle stampe, in cui gli esorta a guerreggiar contro i Turchi. Dopo le lettere vedesi nella mentovata edizione l’orazione da me accennata al re Alfonso: e il leggerla mi ha fatto conoscere che le mie congetture intorno al tempo e al luogo in cui Antonio la recitò, non erano ben fondate; perciocchè egli è evidente che fu da lui recitata in Sicilia, ove ei si era recato per rivedere i suoi. Più altre circostanze intorno alla vita dal Panormita si potrebbono indi raccogliere, se il timore di non estendermi troppo in queste mie giunte non me ne ritenesse.