Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/12

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1336 LIBRO essere rammentato con lode. Onde ciò avvenisse, non è difficile, a mio parere, d’intenderlo. Il passaggio di alcuni Italiani in Grecia, eia venuta in Italia di alcuni Greci ne’ primi anni del secolo di cui scriviamo, anzi fino dagli ultimi del precedente, risvegliò fra gl Italiani un vivo entusiasmo per la greca letteratura; e ad essa si volser quasi tutti coloro che vollero aver luogo e ottener nome fra gli eruditi. Quindi ancor venne lo studio della platonica e della aristotelica filosofia, e le tante traduzioni e i tanti comenti degli antichi filosofi greci. Al tempo medesimo i codici greci venuti dall’Oriente risvegliarono il desiderio di andare in traccia ancor de’ latini, e perciò in niuna cosa più s’occuparono i dotti, che nel ricercare ogni angolo delle polverose biblioteche, nello scoprire le opere de’ classici autori, nel confrontarne i diversi codici, nel farne copie, nel dichiararle, nel commentarle. Queste credeansi le occupazioni più degne d’uom dotto, e la poesia italiana pareva in confronto ad esse un fanciullesco trattenimento; e sembrava a’ più di onorarla abbastanza, prendendola a interrompimento e sollievo de’ più gravi studj. Qual maraviglia perciò, ch’ ella avesse pochi e non molto felici coltivatori? Quali ch’essi però si fossero, noi non dobbiam passarli sotto silenzio, e dobbiamo anzi esser loro tenuti, perchè in essa esercitandosi, come poteano meglio, la conservarono, per così dire, in vita, e agevolarono in tal modo a coloro che vennero appresso, il ricondurla di nuovo alla propria sua eleganza, e il renderla anche sempre più bella.