Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/188

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i4oa L1BHO l’Augurello cambiò stanza più volte, e cercò ancora, ma inutilmente, di avere in Venezia la cattedra di eloquenza vacante per la morte di Giorgio Valla. Nel 1503 fu richiamalo a l'revigi, e nominato pubblico professore di lettere umane, nel qual impiego continuò fino al 1509, quando la guerra della famosa lega di Cambrai rendendo i tempi poco favorevoli alle Muse, lasciato Trevigi, passò FAugurello a Venezia. Tornò poi nondimeno finita la guerra all'usato soggiorno, ove ebbe ancora un canonicato, e vi finì i suoi giorni circa i 14 di’ottobre del 1524. Dopo aver esposta la vita menata dall'Augurello, passa l’erudito scrittore a ragionar delle doti e delle virtù non,ordinarie che in lui si videro, e il difende dalla taccia che il Giovio gli ha apposta, di essere andato pazzamente perduto dietro l’alchimia, alla qual voce ha data probabilmente origine la Chrysopoeia poema da lui composto, in cui insegna l’arte di fare l’oro, ma in cui si protesta egli stesso di parlar per ischerzo, e di non fare alcun conto di quella pretesa arte. A cose troppo migliori avea l’Augurello rivolto il pensiero. Oltre lo studio della poesia, coltivò molto la lingua greca, le antichità, la storia e ancor la filosofia, di che il mentovato autore adduce ottime pruove. Egli annovera poscia le opere dell’Augurello, di cui si hanno alle stampe, oltre il sopraccennato poema, molte poesie latine, che consistono in odi, in satire e in jambi, e sì dell’une che delle altre si son fatte più edizioni. Le rime italiane di esso sono state la prima volta pubblicate in Trevigi nel 1765. Alcuni epigrammi