Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/210

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1434 unno Era allora in Napoli Antonio Panormita, che scorgendo l’ingegno di cui era dotato il giovin Pontano, prese a coltivarlo studiosamente, e così si compiacque in vederne i felici progressi, che quando alcuno chiedevagli la spiegazione di qualche difficil passo de’ poeti o degli oratori antichi, modestamente solea rimetterlo al Pontano, come questi racconta (De Serm. l. 6, p. 102, ed. flor. 1520). Egli innoltre fu debitore al Panormita delle cariche e degli onori a cui videsi sollevato dal re Ferdinando I, da cui, oltre più altri ragguardevoli impieghi, fu destinato ad istruir nelle lettere Alfonso II, suo figliuolo, del quale ancora fu segretario, come già era stato di Ferdinando I, e il fu poscia di Ferdinando II. XXX. Così rendutosi il Pontano caro ed accetto a quei’ principi, fu loro indivisibil compagno in tutte le spedizioni, trovossi presente a molte battaglie, cadde ancora talvolta in man de’nemici, ma sempre rispettato da tutti, e udito con applauso grandissimo, quando prendeva a ragionare pubblicamente. Egli accenna in più luoghi queste sue vicende, ma senza indicarcene le circostanze. Et nos, dic egli (De Obedient. l. 5), apud Principes viros magnam saepe habuimus audientiam, ut nonnumquam spectante instructo exercitu auditi fuerimus. Licet in hoc gloriari, quod cum aliquando in hostis manus incidissemus, honorati et donati ab illo dimissi sumus. Ricorda altrove l’onore che gli fece Alfonso figliuolo del re Ferdinando I, quando entrato il Pontano nel padiglione, ove il principe con tutti i suoi generali si stava