Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/211

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tehzo I assiso. Alfonso levossi in piedi, e imponendo a tutti silenzio Ecco, disse, il maestro (De Serm, l 6, p 89)’ a^ro *uog° ancora ragiona de viaggi che avea dovuto intraprendere, e delle guerre alle quali era intervenuto. Cum interim, dice parlando de’ tre anni precedenti a quello in cui scrisse i libri De Aspiratione, che non sappiam bene qual fosse, omnis mihi vita sit acta aut in castris aut in peregrinaù'onibus pròcui non modo a libris, sed a litteratis omnibus (De Aspirat. l. 2, init). Niuna cosa però fu così al Pontano onorevole, come l'ambasciata affidatagli dal re Ferdinando I al pontef Innocenzo VIII per ottenere la pace l'anno i48(>. Molto gli costò essa di fatiche e di stenti: Miserati saepe sumus, così il Pontano introduce a ragionare il Sannazaro, senem languenti corporCj tnediis die bus, ardentissimo sole, per frequentissimos latrones, quibus itinera circumsessa erant, nunc ex urbe ad Alphonsum in castra, nunc e castris ad Innocentium Romam properare, ut qui illum sequebamur, de senis vita actum jam in singidas prope horas nobiscum ipsi dolentes quereremur (Asinus dial). E ben diede allora a vedere il pontefice quanto stimasse il Pontano. Perciocchè essendo già conclusi gli articoli della pace, e avvertendolo alcuni a non fidarsi troppo del re Ferdinando, egli, come narra lo stesso Pontano, atneutiquam, rispose loro,/alsosnos habuerit Jovianus Pontanus, quicum de concordia agi tur: ncque mini eum veritas destituet ac fides, qui ipse numquam veritatem deseruerit aut fidem (De Serm. l. 2. p. 30). Vuolsi che il Pontano si lusingasse di