Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/274

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1^88 LIBRO Brenzone veronese celebre giureconsulto; e final, mente Niccolò Perotti, di cui diremo in questo capo medesimo. Questi sono i più illustri scolari di Vittorino, che dal Prendilacqua si au* noverano; ed ei si protesta di averne tralasciati innumerabili altri cui pure avrebbe potuto nominare con lode. Gli elogi con cui parlano del lor maestro egli, e Francesco da Castiglione, e Sassuolo da Prato, potrebbon forse parer dettati, se non dall adulazione, almen dalla riconoscenza. Ma un altro assai più autorevole testimonio dell egregie virtù di Vittorino e del valore dei' suoi discepoli, abbiam nelle Lettere di Ambrogio camaldolese. XV. Due volte passò questi per Mantova, la prima nell’an 1433, la seconda due anni appresso; e amedue le volte ammirò il sapere non meno che le virtù di questo celebre professore. Son giunto a Mantova, scriv egli nel primo viaggio (l. 8, ep. 49, 5o), e vi sono stato accolto con affetto e con bontà singolare da Vittorino, ottimo uomo e mio amicissimo. Egli è sempre, meco, per quanto gli permettono le gravi sue occupazioni; nè egli solo, ma la più parte ancora de’ suoi discepoli son diligenti e assai bene istruiti. Alcuni tra essi sono sì avanzati nel greco, che han cominciato a tradurre in latino. Uno ha tradotta la Vita di Cammillo, alcune favole di Esopo, e qualche cosa del Grisostomo... Io non temo di dire che non so di aver mai veduto uomo miglior di lui. Egli certo ti ama (scrive a Niccolò Niccoli), e ti rispetta moltissimo. Non si sa staccar dal mio fianco, se non con gran