Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/308

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l5l2 libro allegandone per motivo il desiderio di condurre a Roma la sua famiglia tutta. Le sue speranze nondimeno furono di bel nuovo deluse, ed egli, dopo aver perduti ivi i due figli e la terza sua moglie, fra non molto dovette tornarsene a Roma, e quindi un’altra volta a Milano, ove’era nel 14^51 y nel qual anno stampò ivi alcune sue orazioni con altre opere da lui dedicate a Lodovico Sforza soprannomato il Moro. In quest’anno medesimo offertagli da Lorenzo de’ Medici la cattedra di lingua greca in Firenze, nella decrepita età di quasi 83 anni non temè di accettarla, e d intraprendere quel viaggio, per cui però gli convenne ricorrere per denaro a Jacopo Antiquario, da cui ne fu provveduto liberamente, come afferma Francesco Puteolano nella lettera dedicatoria de XII Panegirici antichi a lui indirizzati. Ma appena giunto a Firenze il Filelfo, sfinito dalle fatiche e dal caldo eccessivo della stagione, vi morì a’ 31 di luglio dell’anno stesso; ed ebbe sepoltura nella chiesa dell’ Annunciata de’ Servi di Maria. Cornelio Vitelli in un suo opuscolo contro Giorgio Merula scritto circa il tempo medesimo in cui morì il Filelfo, e di cui parleremo verso il fine di questo capo, rimprovera a Giorgio di aver cagionata la morte al Filelfo stato già suo maestro con alcune mordacissime satire contro lui divolgate; delle quali fu tanto afflitto il povero vecchio, che ne morì in tre giorni. Benchè una tale testimonianza sia assai autorevole, il veder però, che non v’ha altri che di ciò faccia motto, ci fa sospettare che il Vitelli abbia qui troppo facilmente adottato qualche popolare non ben fondato racconto.