Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/446

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iGGo LIBRO Capo VL Eloquenza. I. Al gran numero (di professori di belle lettere che’ebbe in questo secol l'Italia, e all’ingegno e al i alore di molti tra essi, ci potremmo persuader facilmente che corrisponder dovesse un ugual numero di eloquenti oratori. A dir vero però, noi troviamo bensì tra le opere del secolo xv molte orazioni dette in occasione di nascite, di nozze, di funerali, di vittorie, o di altri memorabili avvenimenti, e moltissime ne abbiamo accennate nel corso di questa Storia. Ma io non so se alcuna ne abbia tra tante la quale si possa proporre a modello di giusta e ben formata eloquenza Non solo il loro stile non è per lo più molto elegante, ma appena mai vi si vede un saggio compartimento della materia, una bene intrecciata varietà di figure, un ordinato progresso di raziocinio; e l’arte di eccitare gli affetti sembra che non fosse ancor conosciuta. Le orazioni funebri singolarmente altro non sono che un compendio della vita di que’ personaggi nelle cui esequie furono recitate. Nè è difficile l’ intendere onde ciò avvenisse. Tutti gli studiosi dell’amena letteratura erano in questo secol rivolti a discoprire, a confrontare, a correggere, ad illustrare con comenti i codici degli antichi. Pesatasi ogni loro parola; si spiegavano l’ allegorie e le favole da essi accennate; si facean ricerche sul loro stile