Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/448

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I (itl'J I.IRRO un giorno signor dei’ cuori ed arbitro delle città E molti ebbe veramente in questo secol l'Italia, che furon creduti oratori poco men che divini, e che della loro predicazione raccolsero non solo applausi, ma frutti non ordinari nell estirpazione dei vizi e delle civili discordie. Ma qui ancora ci si offre a esaminar cosa di assai difficile scioglimento. Noi leggiamo gli elogi con cui parlano di alcuni sacri oratori di questo secolo, non solo i volgari e rozzi scrittori, ma i più colti ancora. Per altra parte abbiam sott’occhio le prediche di questi medesimi oratori, e per lo più non sappiamo vedere in essi ombra o idea alcuna di quell’ eloquenza per cui son tanto lodati. Si leggan le Prediche di S. Bernardino da Siena, di F. Roberto da Lecce, del B. Alberto da Sarziano, di F. Michele da Carcano e di più altri, de quali ci narrano gli scrittori di que’ tempi, che traevano ad udirli le città e le provincie intere; e poi si giudichi se convenga loro il nome di orazioni eloquenti. Esse altro non sono comunemente che aridi trattati di scolastica, o di morale teologia, pieni di citazioni di autori sacri e profani, ove veggiamo accoppati insieme s’Agostino con Virgilio, e S. Giovanni Grisostomo con Giovenale. La forza della loro eloquenza tutta riducesi ad alcune esclamazioni, alle quali si aggiugne talvolta la descrizione de’ vizj che allor regnavano, tale che ora ci farebbe scoppiar dalle risa, e allora faceva prorompere gli uditori in dirottissimo pianto. Ciò che abbiam detto altrove (t 4, p- 704.ee.) parlando de’ predicatori del secolo XIII, cioè che il frutto