Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/451

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TERZO »065 Jetle sono tre lettere di Ambrogio camaldolese. La prima (l. 2, ep. 39) è scritta al medesimo Santo; e in essa caldamente il prega e scongiura a non accettare la profertagli dignità vescovile, rappresentandogli il danno che ne avrà tutta l’Italia, quando egli cessi dall’ annunciare la divina parola; e in fatti non allor solamente, ma più altre volte ricusò Bernardino cotali onori, a cui la stima e la divozion de’ popoli e de’ romani pontefici volea innalzarlo. Nella seconda ch è scritta al B. Alberto da Sarziano (ib. ep. 40), e nella terza scritta a un anonimo (ib. ep. 41)? descrive lungamente Ambrogio il grandissimo frutto che dalle sue predicazioni ritraea S. Bernardino, la persecuzione che contro di lui erasi sollevata in Roma, ove innanzi al pontef Martino V dovette l’an 1427 difendersi dalle accuse che contro la sua dottrina si producevano, singolarmente per le tavolette segnate col nome di Gesù, da lui solite a distribuirsi; e la solenne vittoria che ei riportò nella decisione pienamente a lui favorevole del romano pontefice. Ei fu ancora carissimo e a Francesco Barbaro (V. Agostini, Scritt. venez. t 2, p. 49) e a Bernardo Giustiniani che con somma lode ne parla in una sua lettera (Bern. Justin. ep. 22). Ma bello singolarmente è l’elogio che ne fa Bartolommeo Fazio, uomo erudito per l'una parte, e per l’altra non divoto a tal segno che possiam dirlo ingannato da una pietà troppo credula: Siena, dic egli (De Viris ill. p. 41, ricevette non poco onore dal suo Bernardino teologo e filosofo. Questi a memoria nostra fu in concetto