Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/72

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i udrò p. 147j *■ 2, p. 3o7, ed. Corniti.) clic Luigi soleva leggerne i canti di mano in mano alla tavola di Lorenzo. Ciò ch è più leggiadro, sono i div ersi giudizi che di questo poema si recano da diversi scrittori. Alcuni il pongon tra’ serj, altri tra’ burleschi; alcuni ne parlano con disprezzo, altri non temon di anteporlo al Furioso dell’Ariosto. Il che altro non prova, se non che non v’ha alcuna follia che non sia stata scritta e adottata da alcuno. Basta aver qualche poco di senso comune e di buon gusto, per ravvisar nel Morgante un poema burlesco, in cui si vede invenzione e fantasia poetica, e purezza di stile per ciò che appartiene a’ proverbj e ai’ motti toscani, de’ quali si legge ivi gran copia. Ma la sconnessione e il disordine de’ racconti, la durezza del verso, la bassezza dell’ espressione, appena or ce ne rende soffribile la lettura. Innoltre dee biasimarsi l’abuso di volgere in ridicolo le cose ancora più sacre, e i testi medesimi della sacra Scrittura, difetto però comune allora a non pochi tra’ poeti burleschi. Alessandro Zilioli, nella sua Storia inedita de’ Poeti italiani citata da Apostolo Zeno (Nota al Fontan. t. 1, p. 260, ec.), racconta che il Pulci morì miseramente in Padova, e che per l’empietà da lui scritte fu privo dell’ecclesiastica sepoltura. Ma egli è il solo che narri tal cosa; e non è autore a cui si debba gran fede; e il tempo non meno che le circostanze della morte del Pulci sono del tutto incerte (*). Delle diverse edizioni del Morgante (*) l’ntna ilei Zilioli avea uarrate le stesse cose del