Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/146

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i3a li ouo losicrn col padre veggiam qui lodati i figli cj,c gli ebbe da Bianca Bentivoglia sua moglie, e sopra tutti Guido. In fatti la gloria dal co Niccolò acquistata nel protegger le lettere servì di stimolo a’ figliuoli di esso per seguirne gli esempii, ed essi li seguirono in modo, che non solo uguagliarono, ma superarono ancora la gloria del padre (*). Otto essi furono, Annibale che fu poi capitano delle guardie pontificie, Francesco, Guido, Alessandro, Ercole poi cardinale, Lodovico, Antonio Galeazzo e Girolamo. Due di questi veggiam sopra gli altri lodati dagli scrittori di quei tempi, il co Guido e il cardinale Ercole, e di ciascheduno perciò dobbiam qui dire partitamente. Ma prima di parlar dei’ figli, non deesi passare sotto silenzio un fatto particolar della madre, alla quale possiamo dir con ragione che si dovesse in gran parte la salvezza del cardinale Giovanni de’ Medici, che fu poi Leon X, e quindi il vantaggio che da lui riceveron le lettere. Narra adunque il Ban(*) Un bel monumento della sollecitudine con cui il co. Niccolò Rangone faceva istruir nelle lettere la numerosa sua figliuolanza, abbiamo in un rarissimo opuscolo di Antonio Maria Visdomini, stampato in Bologna nell'anno i5oo, e intitolato: Dialogus Antonii Mariae yiidornini de Odo et Sybillis. Esso è un dialogo in cui s’introducono a ragionare Biagio cancelliere del conte Niccolò allora generale de’ Bolognesi, Guido, Annibale e Ginevra figli del detto conte, e il Visdomini loro maestro. Vi si parla della premura che il padre nvcu perchè fossero ben ammaestrati i suoi figli, si riferiscono alcune lor lettere e alcune lor poesie latine, e fra le altre un epigramma di Ginevra, di cui si dire che avea -sempre in mano il Petrarca.