Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/46

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3 2 Li RIVO n1 erano concepute. Ma ciò die a Clemente Vii non permisero le turbolenze de’ tempi, fu più felicemente eseguito dal card Ippolito de Medici figliuol naturale di Giuliano, un de tre figli di Lorenzo il Magnifico. Sollevato in età ancor giovanile all onor della porpora l an 1529), formò la sua corte, come si narra, dal Varchi (Stor. fior. l. 7, p. 4&))> d’uomini dotti, co’ quali godeva di conversare amichevolmente e di favellare di cose erudite. Eran tra essi Francesco Maria Molza, Gianpierio Valeriano, di cui abbiamo una bella elegia in lode di esso (l. 5 Amor. el. ult.), Bernardo Salviati che fu poi cardinale, Gandolfo Porrino, Marcantonio Soranzo e Claudio Tolommei. E memorabile è la risposta ch’ei diede al suo maestro di casa, e che vien riferita da Giara* mntteo Toscano scrittore di questo secolo (Pc~l plus ltal. p. 468, ed. Hamburg 1730 Perciocchè avendogli questi per ordine di Clemente rappresentato, mentre stava in Bologna, che soverchio era il numero de’ famigliari, quasi tutti uomini dotti, che ei teneasi in casa, i quali erano oltre a trecento, e che perciò conveniva congedarne parecchi, No, rispose egli io non gli ritengo in mia corte, perchè abbia di lor bisogno; ma hanno essi bisogno di me per essere mantenuti. Nè sol favoriva, ma coltivava egli stesso le lettere, e oltre alcune rime che se ne leggono in diverse raccolte, ne abbiamo alle stampe il secondo libro dell Eneide di Virgilio da lui tradotto in versi sciolti. Così non fosse egli troppo presto mancato di vita nel 1535, non senza sospetto di veleno, che