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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/538

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M LIBRO recherò, poichè ella ancora è inedita, che il principio; Da tre anni in qua (il che è dappoi, che si sono cominciati a pubblicare de miei scritti catholici) da diverse persone religiose, dotte et spirituali, sono stato più volte confortato et ammonito, che mi debba ritirare, et dare al servigio di Dio questo poco di tempo, che m avvanza, rivolgendomi tutto agli studi sacri, et gagliardamente combattendo per l honore di quel Signore, il quale è morto per me. Siegue indi a narrare ch’ egli avea per lungo tempo chiuso l’orecchio a tali inviti, ma che nell'ultima malattia avea fermata risoluzione di darsi veramente tutto agli studi sacri e alle cose di Religione; e chiede perciò rispettosamente il suo congedo a D. Ferrante. Evvi ancor la risposta a lui fatta dal medesimo D. Ferrante, dalla quale raccogliesi che questi, benchè con dispiacere, ascoltò le preghiere del Muzio, e che solo il pregò ad andar prima a trovarlo in Milano. Ed egli in fatti vi si recò, e lasciossi indurre da D. Ferrante a continuare a servirlo; e due volte fu da lui in quell' anno rispedito a Venezia, come ci mostrano altre lettere da lui scrittegli. Le ultime lettere del Muzio a d Ferrante sono scritte da Pesaro nel luglio e nell’agosto del 1556, ma par ch’egli ivi allor fosse a nome del medesimo D. Ferrante; ed è probabile che dopo la morte di esso, accaduta l’ anno seguente, ei si fissasse alla corte d’Urbino (*), ove (*) Ho creduto che il Muzio fino alla morte di d Ferrante Gonzaga, avvenuta nel 1557, continuasse a servirlo. Ma una delle molte lettere inedite d'Ippolito