Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/583

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■ SECONDO 50Q pontefice Pio IV a’ 12 di marzo del 1565 il dichiarò cardinale. E poco mancò ch’ei non fosse dopo non molto tempo sollevato alla cattedra di S. Pietro. Perciocchè morto Pio IV, il cardinale Borromeo, veggendo riuscire inutile il primo suo tentativo di far eleggere a papa il cardinale Morone, pose gli occhi sul Sirleto, e molti già avea tratti nel suo partito. Ma il timore che un uomo tutto dato agli studi non fosse troppo opportuno agli affari, ne fece deporre il pensiero (Ciacon. in Pio V). Pio V nel 1566 gli diede il vescovado di S. Marco, e poscia nel 1568 lo trasferì a quello di Squillace nella Calabria, cui cinque anni appresso rinunciò a Marcello suo nipote (Lagomars. l. c. t. 4, p 158). Così libero da ogni altro pensiero, si abbandonò di nuovo agli amati suoi studi, pe’ quali molto ajuto egli ebbe dalla biblioteca Vaticana, di cui ebbe la cura e benchè di sanità assai cagionevole e soggetta a molti e non leggeri incomodi, in essi faticosamente durò fino alla morte, che il tolse al mondo agli 8 di ottobre dell’an 1585. Delle cristiane virtù che ne renderon più illustre il sapere, parla a lungo il sopraccitato Eritreo, e più ancora Giovanni Vaz Motta nell'orazion funebre di esso, che si ha alle stampe. Di un uomo sì dotto poche cose han veduta la luce o per soverchia modestia, o pel timor ch’egli avesse del giudizio aver« onorata quella dignità; Pio V era solito di deferire sovente al sentimento di esso; e Gregorio XIII, allora pontefice, diceva felici que’ giorni in cui poteva essere col Sirleto.