Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/73

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PEI.HO 5») clic, a la porpora cardinalizia, succedei!i» s,io fratello Francesco, ne imitò generosa* niente gli esempii nella protezion delle scienze, e ne superò di gran lunga la fama nelle virtù e nel senno, per cui divenne uno de’ principi più rinomati a’ suoi tempi. Ciò che abbiam detto di Cosimo e di Francesco riguardo alla università, alle accademie, alla biblioteca, alla galleria, alle fabbriche, agli onori accordati agli uomini dotti e agli artefici industriosi, deesi ripeter qui ancora -, perciocché Ferdinando continuò a rendere la Toscana, e singolarmente Firenze, oggetto di ammirazione insieme e d’invidia. La famosa Venere Medicea da lui acquistata, la reale cappella di S. Lorenzo cominciata per suo ordine, e la magnifica stamperia de’ caratteri orientali da lui aperta in Roma, e poi trasportata a Firenze, la statua equestre da lui fatta inalzare a Cosimo suo padre, e gli ornamenti da lui aggiunti a Firenze, a Livorno ed a Pisa, saranno durevoli testimonianze del grande e magnifico animo di questo immortal sovrano. Ciò che io ho detto finora di lui e degli altri due gran duchi, non è che un semplice abbozzo di ciò che avrebbesi a dire in sì vasto argomento. Nè io ho creduto di doverne ragionare più oltre, sì perchè della maggior parte delle cose ora sfuggitamente accennate dovrem poscia parlar di nuovo più a lungo, sì perchè la storia dei’ gran duchi è stata sì ampiamente illustrata da molti scrittori toscani, che io nella sterminata estensione dell argomento che ho tra le mani, penso di non dovermi qui arrestare in ripetere ciò che per