Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/82

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68. LIBRO arti 5 e accenna i benefici che ne’avea ei medesimo ricevuti. Più glorioso è ancora l elogio che ne fa in una sua lettera Aonio Paleario, il quale, scrivendo a Bartolommeo Ricci ch era alla corte maestro dei giovani principi, rammenta f in» grgno e il saper di Renata, la perizia ch'ella avea delle lingue latina e greca, l istruir che in esse facea Anna e Lucrezia sue figlie, e il fervore con cui ella si era poscia rivolta a più gravi studi. Qui habitas in oculis Principum così egli al Ricci (l. 4> cfK 4)» quorum feminae multis Regi bus sunt sapientiores. Nam (quid est, si non haec verissima gloria est, potentissimi Regis fili ani, maximi Ducis uxorem, sic versari in studiis nostris, ut excellat? Annam vero et Lucre tiara, aureos Herenaeae partus, scrutari interiores Literas Latinas et Graecas? quae cum in matre quoque essent, et eae nequa p aucne, ncque viti gares, regina in philosophia hac humana noluit acquiescere, sed ob magni• tudinem ingenti, et studium sanctitatis, quae in ista semper veluti divinum aliquid eluxit, maturi ore ac tate relulit se ad caelestes artes, et ad disciplinas theologicas. E così non avesse ella fatto ciò di che qui udiremo lodarla dal Paleario, cioè di volgersi a’ teologici studi j clic non sarebbe ella caduta ne’ funesti errori della eresia di Calvino, ne’ quali la avviluppò questo settario medesimo, che per alcun tempo soggiornò sconosciuto in Ferrara, e in Renata e in altre di quella corte sparse il veleno della sua eresia. Delle vicende a cui ella perciò fu soggetta vivente il duca suo marito, e del tornarsene ch’ella fece in Francia, poichè egli fu