Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/202

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Sl>2 LIBKO ancora egli ci addita in una delle figure del Marchi; e pruova che ivi parimente la diversità tra l’una e l’altra o è di poca importanza, o ridonda ad onore del Marchi, le cui idee son più opportune a ben difendere le piazze. Finalmente in altri disegni dello scrittor italiano ei ci addita ancora i lineamenti del terzo metodo del Vauban; conchiudendo col dire che non dee perciò dirsi il Vauban copista e plagiario del Marchi, ma solo che molto egli ha profittato de’ lumi e delle invenzioni dello scrittore italiano, a cui sarebbe perciò conveniente che gli scrittori francesi rendessero più giustizia, che comunemente non fanno. Nel Giornale enciclopedico di Bouillon nel 1775 si è pubblicata una lettera di un ufficiale francese (t. 6, par. iìj4outìp. 138, ec.), in cui assai incivilmente risponde al sig. Denina, che nelle sue Rivoluzioni d’Italia avea accennato il vantaggio che all’architettura militare ha recato il Marchi, e in mancanza delle ragioni, ricorre alle ingiurie, dicendo che il Marchi non sarebbe stato pur degno di fare il copista al Vauban. Confessa, è vero, che nei’ disegni dell’ingegnero francese trovasi qualche cosa simile a que’ del Marchi; ma queste cose non sono altro, secondo lui, che i pontoni e gli aloni detti dal Vauban lunette grandi; e conchiude dicendo, che il sig. Denina non ha letto nè il Marchi nè il Vauban: maniera facile di confutare ogni più forte ragionamento. Io ho additati altri autori italiani che più minutamente hanno esaminati i disegni del Marchi. Si mostri non con ingiurie nè con parole, ma col confronto delle