Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/275

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SECONDO 876 il sopraccitato Iiallcr. Ei volle per ultimo salir sul l’indo, e, quando era alla corte del cardinal Clesio, pubblicò un poemetto in ottava rima, stampato in Venezia nel 1539(), e intitolato Il Magno Palazzo del Card, di Trento. Ma ei fu saggio in abbandonare la poesia; che per essa ei non sarebbe giunto ad ottener quel gran nome che la sua opera di Storia naturale gli ha procurato. Parecchie lettere da lui scritte ad Ulisse Aldrovandi si leggono al fin della Vita di Ulisse, scritta dall’eruditiss sig co Giovanni Fantuzzi. Egli è lodato ancor dal Melchiorri, nella più volte citata lettera, per l’animo liberale e sincero di cui era dotato, e per l’amorevole cura che si prendeva di tutti; di che reca in pruova fra le altre cose, che, mentre era ancor giovane e attendeva agli studii, benchè non fosse allora molto agiato de’ beni di fortuna, a sue spese nondimeno ei manteneva alle scuole alcuni giovani, li provvedeva di libri e si addossava le spese alla lor laurea necessarie. IV. Il Mattioli però non fu il primo, come egli stesso confessa, a rivolgersi tutto alla cognizione e all’esame dei’ semplici. Prima di lui avea intrapreso a descrivere minutamente Torbe e le piante tutte Luca Ghini. Questi dal Mattioli, nella dedica all’imp Massimiliano II, poc’anzi accennata, è detto imolese: Lucam Ghinum Forocorneliensem Medicum ingenii et doctrinae singularis. E Imolese ancora egli è detto da Bartolommeo Maranta nella prefazione alla sua opera, di cui tra poco diremo. I Bolognesi al contrario lo dicon loro; e a ragione,