Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/30

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63o libro di Filoteo, ch’ei di sua propria autorità godeva d’ imporsi. Moltissime sono le opere che ne abbiamo, ma or quasi tutte abbandonate alla polvere, di cui veramente son degne. Quasi tutte le opere d'Aristotele furon da lui illustrate, se anzi non vogliam dire oscurate il che pure si può affermare di quasi tutti i commentatori di questo secolo. Parecchi altri libri ei compose e diè alle stampe, spettanti alla filosofia peripatetica, alla astronomia, alla medicina, di cui pur facea professione, alla rettorica, alla filosofia morale, alla politica e ad ogni altra materia, delle quali ci ha dato un lungo catalogo il P. Niceron (Mém. des Homm. ill t. 18, p. 63, ec.). Fra esse ve ne ha due, una intitolata De pulchro et amore, l’altra De re aulica, che non sono le più oneste cose del mondo; perciocchè in esso il Nifo si scuopre pazzamente perduto nell" amor delle donne *, per cui vuolsi ch ei giungesse a tali stranezze, che lo rendessero ridicolo a quei medesimi che ne ammiravan l ingegno. Di ciò assai lungamente ha parlato il Bayle (l. c.) solito a trattenersi sempre non poco in tali argomenti. VL Ma se il Pomponazzi ebbe più avversarii, non gli mancarono ancora fautori e seguaci. E un tra essi, superiore ancora al maestro per l erudizione della lingua greca e dell amena letteratura, di cui era fornito, fu Simone Porzio napoletano. Di lui parlano a lungo, e annoverano le molte opere di diversi argomenti da lui composte, il Toppi e il Nicodemi (Bibl, napol. e Addiz.) e il Tafuri (Scritt. napol. t. 3, par. 2, p. 32). Ei fu professore in Pisa dal 1546 fino