Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/481

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SECONDO I n81 Vìr. ili. n. 71); perciocchè egli dice ch’egli era di acutissimo ingegno, e che il diede a conoscere principalmente nelle diverse opere che diede a luce, in alcuna delle quali non temè di azzuffarsi col grande Alciati, che fu carissimo a' duchi Alfonso I ed Ercole II e ch’egli pure fu sì attaccato a’ suoi principi, che, benchè allettato con larghe promesse dalle università di Padova e di Bologna, non volle giammai partirsi dal lor servigio, nè abbandonare la patria; e che ivi finalmente morì in età avanzata. Tra le Lettere del Calcagnini una ne abbiamo a lui scritta, in cui esalta con somme lodi il libro De praescriptione quinque pedum da lui pubblicato. Renato di lui figliuolo non solo seguì gli esempii del padre nel professar dalla cattedra la giurisprudenza, ma ottenne presso i suoi principi tale stima, che fu da essi impiegato in diverse ambasciate, e singolarmente da Ercole II, da cui per sè e pe suoi discendenti ebbe il titolo di conte Palatino Borsetti, Hist. Gymn. Ferr. t 2, p. 162). Paolo Sacrati con una sua lettera scritta nel 1589 con cui rallegrasi del raro ingegno di cui era dotato, rammenta la stima di cui avea goduto Lodovico di lui padre, e le ambasciate nelle quali lo stesso Renato era stato adoperato (P. Sacrat. Epist. l. 6). Bello è ancora l'elogio che ne fa Torquato Tasso, il qual parlando de’ ragguardevoli personaggi de’ quali il duca di Ferrara valeasi per le ambasciate, Nè tacerò, dice(Il Messaggero), del Sig. Renato Cato, che siccome nella prudenza e nell intelligenza delle Lettere agguaglia il padre famoso Giureconsulto,