Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/526

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liaG. LIUTO 348, 349, 354 » 362, 365), i quali tutti n esaltano con somme lodi l’ingegno, lo studio, la munificenza verso de’ dotti. E il Manuzio singolarmente in poche parole ne fa uno de più gloriosi elogi con cui possa alcuno essere onorato: A.quo primum die scriv egli (l. 7, ep. a3), Paicotte optinie, mi hi cognitus es, duxi te semper in eorum numero, qui nostra hac aetate antiquae virtutis imaginem referunt esse reponendum. Nam et bonos et praestantes viros amas, omnique studio complecteris, et ipse, quae artes amorem conciliant, his ita excellis, ut vicissim te omnes ament nec minorem ex ingenio doctrinaque tua quam ex humanitate et liberalitate fructum capiant. In somigliante maniera ne parla egli in un’altra lettera al Mureto (l. 3, ep. 19). Il Latini aveane tale stima, che spesso ne chiedeva il parere per le opere ch’egli andava scrivendo. In una delle citate lettere descrive egli la villa in cui Cammillo solea soggiornare presso Bologna, e le rarissime piante da lui ivi raccolte, e il vaghissimo ordine in cui disposti avea molti arboscelli, sicchè raffiguravano alcune galee in atto di combatter tra loro, e gli alveari da lui fatti lavorare di vetro, sicchè tutto l'ingegnosissimo magistero delle api si potesse scorgere minutamente (l. c p. 310). Così egli visse in un piacevole ed utile ozio tutta la vita; ma non lasciò del suo sapere altre pruove, che parecchie lettere al Latini suddetto (ib. p. 276, 286, 306, 310, 321, 324, 347, 353, 361, 363) e al Manuzio (Epist cl. Vir. 1568, p. 145, ed. Ven. 1568; Anecd. rom. t. 1, p. 339, ec.),