Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/111

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TERZO 1263 XXIV. Io ho accennati tutti questi scrittori d’antichità, a’ quali molti altri potrebbonsi aggiugnere, per dare idea del fervore con cui gl I laliani di questo secolo erano a tale studio rivolti. Ma di alcuni altri vuolsi parlare con maggior distinzione, a cagione della fama di cui gode tuttora il lor nome. E sia il primo Celio Calcagnini, nelle cui opere l'antichità ha gran parte. Egli ebbe a suo avolo quel Francesco Calcagnini mantovano, primo segretario di Gianfrancesco Gonzaga marchese di Mantova, che, trasportata poscia la sua famiglia a Ferrara, fu ivi accettissimo al duca Borso, e di cui fa un grande elogio Francesco Prendilacqua scrittor di quel tempo (Vita Victorini Feltr. p. 28). Di Francesco nacquero Teofilo, da cui fu la famiglia continuata, e Calcagnino (V. Borsetti, Defens. advers. Jac. Guarin. p. 61), e di questo secondo fu figlio Celio, nato a’ 17 di settembre del 1479. Il Giovio dice ch’ ei nacque honestissimo patre, sed incerta matre (in E log), e ciò confermasi da Ortensio Landi, il quale parlando nei suoi Paradossi degli’illeciti congiungimenti, dice: Non ci dettero anche un Celio Calcagnino huomo et per civiltà di costumi, et per profonda intelligenza di tutte le gravi discipline singolare ornamento et splendore della Città di Ferrara (l. 2, parad. 18)? In fatti il padre di Celio era protonotario apostolico, e Celio in onor di esso ancora vivente scrisse un’orazione in cui, benchè nol dica suo padre, confessa però di dovere a lui ogni cosa (Op.p. 652, ec.). Ei fu nondimeno riconosciuto dalla famiglia, e ne fan fede le molte lettere da lui scritte a Tommaso