Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/216

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1368 LIBRO ini de1 primi, a dar precetti per iscrivere nella volgar nostra lingua; di che altrove diremo. Più nondimeno che per le opere scritte in lingua Italiana, è celebre il Bembo per quelle in cui usò la latina. Cicerone fu l esemplare ch’ei si prefisse a seguire; sopra esso fece il suo studio, imbevendosi, per così dire, dello stile e delle espressioni di quel gran maestro e cercando di farne la più fedel copia che gli fosse possibile. In ciò ancora egli oltrepassò i confini che un uom saggio si dee prescrivere, e vien detto imitatore troppo servile. In fatti videsi nello stile del Bembo un’affettazion ricercata di dire ogni cosa coirti* direbbela Cicerone, e una troppo raffinata-eleganza che talvolta arresta spiacevolmente i lettori. Ma così dovea naturalmente avvenire. L'eccesso di negligenza avea sparso per tutto il mondo una luttuosa barbarie. L’eccesso di diligenza dovea ricondurlo alla finezza e al buon gusto. Il Bembo fu troppo studioso ricercator d’eleganza; ma egli insegnò agli altri la via che dovea seguirsi, e lasciò ch essi la battessero poscia più felicemente ancora che non avea egli fatto. È certo però, che le Lettere, e più ancora le Poesie latine del Bembo saranno sempre in gran pregio presso i più saggi estimatori dell’eleganza e della grazia nello scrivere, e ch essi 'leggendole sapranno insieme fuggirne i difetti e imitarne i non pochi e non ordinarii pregi che le adornano. Lo stesso vuol dirsi della Storia veneta, di cui (qui dobbiamo principalmente parlare. Erasi egli prefisso di abbracciare in essa lo spazio di quarantaquattro anni, cominciando