Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/280

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143a liv.ro ch’egli stava allora scrivendo la sua Tetrarchia, di cui egli, spargendo qua e là copie a penna a principi in essa lodati, sperava di raccogliere copiosa mercede, unico scopo degli studi del Simeoni, benchè spesso ei si protesti di esser nimicissimo del guadagno, e indifferente alle ricchezze. Nella prima di esse lettere, scritta a' 24 di aprile, manda a d Ferrante Gonzaga, allora vicerè di Sicilia, quella parte della Tetrarchia che concerne l’origine di Mantova; nella seconda, scritta a’ 30, si raccomanda a Giovanni Mahona segretario di d Ferrante, perchè questi faccia in modo che l’ opera da lui trasmessagli gli partorisca utile o honore. Lo stesso egli fece con Guidubaldo II duca d’ Urbino, cui avendo egli nominato con qualche lode nel fine della Storia di Venezia, e avendogli mandata copia del libro non ancora pubblicato, n ebbe in dono una collana del valore di 50 scudi (Campo de'primi studi, p. 127). Ma con d Ferrante non par che il colpo gli riuscisse. In un’altra lettera inedita, che il Simeoni gli scrive da Venezia a’ 26 di giugno del 1546, gli ricorda il libro mandatogli già quattro anni addietro in Sicilia; dice che non ne ha mai avuto riscontro alcuno; ma che ciò non ostante ha parlato di lui con lode nel capitolo/le//« Pace, ch è stampato (ivi, p. 8); si rallegra con lui che ora sia governatore in Milano; e il prega a concedergli il privilegio per la stampa della sua Tetrarchia. Poco appresso, cioè agli 11 d'agosto, tornò a picchiare con maggior forza alla porta medesima: Veramente, gli scrive egli in una lettera inedita