Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/336

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1488 LIBRO LXXVII. Le scoperte e le conquiste degli Spagnuoli e de’ Portoghesi nellTndie orientali nelle occidentali eccitarono molti tra gl'italiani a trattare di un argomento che ampia e copiosa materia somministrava alla loro eloquenza. Ma io ne sceglierò solo i due più celebri cioè Pietro Martire d’Anghiera riguardo alle seconde, e il P. Giampietro Maffei riguardo alle prime. Il primo fu così detto, perchè natio di Anghiera terra alle sponde del Lago Maggiore, benchè propriamente ei fosse nato nel 1455 in Arona, che le sta dirimpetto sull’opposta sponda del Lago. Dopo essere stato più anni in Roma, ove fra gli altri ebbe ad amico Pomponio Leto, passò nel 1487 in Ispagna, seguendo l’ambasciatore spagnuolo che colà ritornava, da cui presentato a Ferdinando e ad Isabella, seguì per qualche tempo la corte in alcune spedizioni militari, finchè dopo la caduta di Granata, deposte le armi, prese gli ordini sacri. Il re e la reina l’onorarono a gara della loro protezione e del lor favore, lo arricchirono di beneficii, e il destinarono ad onorevoli impieghi; perciocchè la reina volle ch’egli istruisse nelle belle lettere i giovani cortigiani; il re, oltre più altre pruove che gli diede della sua stima, mandollo suo ambasciadore al soldano d’Egitto nel 1510 per ottenere ch ei si mostrasse più favorevole a’ Cristiani, ambasceria fedelmente e felicemente eseguita da Pietro Martire, ed esposta poi da lui stesso ne’ suoi tre libri De Legatione babylonica, ove anche descrive i paesi tutti e le cose più memorabili di quel viaggio da lui vedute. Anche il pontefice