Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/404

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1556 i.ibro della giurisprudenza, c che in età di quindici anni scriveva in italiano, in latino e in greco con eleganza uguale a quella dei’ più dotti nelle lingue medesime. Del che però io non so se possa addursi testimonianza o pruova sicura, giacchè quella del P. Rosini sembra che a ciò non basti. Certo è che quanto al latino ei non fu mai elegante scrittore; che dai' suoi maestri ei non apprese del greco che i primi elementi e che nelle lingue orientali ei fu maestro a se stesso: Potuimus enim, dic egli stesso (Introduct. in Chald. Ling. p. 177), in multis deci pi, quandoquidem Latinus dumtaxat praeceptionibus, in quibus tantum profecimus, ut ad hunc gradum veniremus, atque Graecarum primis lite* rarum rudìmentis cocceptis, in rcliquis omnibus, de quibus in hac nostra variarum literarum harmonia locuti sumus, ego ipse (no e il Deus, quia non numtior) okredièay.rei coditi. Ch'egli apprendesse la giurisprudenza in Pavia, che vi avesse a maestri Stefano Ottone e Andrea Bassignana, e che ricevesse la laurea, è certo dai’ passi dell opera di Teseo citati dal conte. Mazzucchelli, e dal titolo della medesima, in cui s intitola J. V. D., e innoltre console del collegio de’ giudici di Pavia. Ma che si pensasse di conferirgli una cattedra, e che il duca di Milano lo avesse destinato suo ambasciadore, quando egli entrò tra canonici regolari lateranensi, non parmi ugualmente provato. Ciò ch è certo, per testimonianza dello stesso Teseo (ib. p. 14) si' è, ch egli, già canonico regolare, era in Roma, quando Giulio II nel 1512 diede incominciamento al general concilio lateranense, che fu