Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/459

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TERZO l6ll famiglia, ma da lui preso per affettazione di antichità. Lo studio delle lingue latina e greca formò la principale occupazione degli anni suoi giovanili; che quanto a quello dell’arte medica, che il conte. Mazzucchelli vi aggiugne, esso non ha altra testimonianza che un racconto di Paolo Manuzio, a cui accenneremo tra poco (qual fede si debba. La povertà lo costrinse a prender l’impiego di correttor delle stampe j ina sperò di averne un altro più utile e più onorevole, quando vacata nel i5iy la cattedra di lingua greca, sostenuta finallor dal Musuro, l’Alcionio fu tra coloro che concorsero per ottenerla. Ma ei non fu il trascelto. Era però egli, benchè assai giovane, avuto in conto di uno de più dotti che fossero in amendue le lingue. Ecco come ne scrive Ambrogio Leone in una lettera ad Erasmo de’ 19 di luglio del 1518: Inter eorum elegantiores unus Alcyonius multa e Graeco in Romanum sermonem elegantissime vertit. Nam Orationes pierasque Isocratis ac Demosthenis tanta Argivitate ex expressit ut Ciceronem ipsum nihilominus legere videaris. Aristotelisque nini tu vertit tam candide, ut Lati uni gloriabundum di cere possit: En Aristotelem nostrum habemus. Idem ipse juvenis, ut est Literarum utrarumque maximus alumnus, ita tui quoque amantissimus, et studi orimi inorimi laudator summus (Erasmi Epist. t. 1, ep. 324). Le traduzioni delle accennate orazioni non sono mai state stampate j ma quelle di molte opere d’Aristotele han veduta la luce, ed esse si annoverano distintamente dal conte. Mazzucchelli, insieme con alcune altre