Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/464

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1 6 1 G LIBRO fatimi Gratin, si saperci, magis Arpinatern ertimi redolct. Quaedam Alcyond jarabica in* legi digna laude; tum Lyricos quosdam sane castos et eruditos. Solet ille vulgo jactare se se Tragoediam de Christi nece in manus!habere, omnibus, ut ipse dicere solitus est, serva tis numerisi id licet ego minus credam, non nullos tamen, ut id illi crederent, effecit. Quindi il Giraldi si fa interrompere da Giulio Sadoleto, uno degl’interlocutori del Dialogo, il quale Mitte, dice, de hoc nebulone plura, qui bel Irmi honis omnibus indixit, jlagris etJiiste coercendus. XVIII. Un celebre professore di lingua greca ebbe anche l’università di Ferrara in Marco Antonio Antimaco, il quale non solo l insegnò colla voce, ma scrisse ancora in quella lingua con molta eleganza. Da Mantova sua patria, ove nacque circa il 1473, ad insinuazione di Matteo suo padre, uomo esso ancora assai dotto, passò in età giovanile in Grecia, ove trattenutosi cinque anni, acquistò gran cognizione del greco linguaggio alla scuola di Giovanni Mosco spartano padre di quel Demetrio di cui si è detto poc’anzi. Egli confessa di averlo amato qual padre (Girald. l. c.p. 551), e aggiugne ch essendo stato da que’ di Salonichi invitato Giovanni ad andare a tenere scuola tra essi, avea egli pensato di seguirlo in quel viaggio, affin di vedere le librerie del Monte Athos; ma che mentre si disponeva a partire, Giovanni era morto. Tornato in Italia l’Antimaco, aprì in Mantova scuola di belle lettere, e singolarmente di lingua greca. Da /