Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/503

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TERZO lG55 pi cimato quanto bramar poteva, ei nondimeno essendo, come spesso avviene a’ poeti, e più spesso agli amanti, poco saggio economo, trovavasi assai sovente in grandi ristrettezze, e si doleva col figlio che non gl’inviasse i denari, de’ quali abbisognava, e si lagnava dell’avversa sua sorte che il costringesse a vivere in sì infelice stato. Ciò non ostante, l’amicizia e la conversazione del Molza era avidamente cercata da tutti gli eruditi, de’ quali era allora sì gran copia in Roma. Il Bembo, il Sadoleto, il Beroaldo, il Tibaldeo, il Colocci, il Beaziano, il Longolio, il Lampridio, il Tolommei, il Caro, il Contile, Pier Vettori e più altri furono tutti amicissimi del Molza. Ei fu uno de’ principali ornamenti dell’Accademia romana, di quelle della Virtù, de’ Vignaiuoli e dello Sdegno, delle quali tutte si è detto a suo luogo; e quanto in esse fosse stimato, si raccoglie, per tacer d’altri, dal modo con cui il Contile parlando dell’Accademia della Virtù, così, benchè con qualche esagerazione, ne ragiona: Primieramente aviamo il Molza, che ognuno lo conosce, e si tiene, che nella Poesia Latina e Volgare non sia oggi, salvo l onore d ognuno, chi lo agguagli, e degli antichi, chi lo superi (Lett. t. 1, p. 19). Moltissime altre testimonianze onorevolissime al Molza ha aggiunte l’abate Serassi alla Vita di questo elegante poeta, il quale finì di vivere in Modena a’ 28 di febbraio del 1544 Il Cardinal Farnese fin dal 1547 pc,lsù a dare in luce le Poesie italiane e latine del Molza; e bramò che le prime fosser rivedute dal Caro, com’ io raccolgo dalla seguente lettera inedita,