Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/507

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TERZO 165^ fine del i 53q fatto presidente della Romagna, e poi commissario generale delle armi pontificie, e finalmente governatore della Marca. In tutti questi impieghi diede sempre grandi pruove di destrezza e di senno, e ottenne sempre maggiore stima presso il pontefice, da cui avrebbe probabilmente ottenuto in ricompensa l’ onor della porpora, se la morte non l’avesse sorpreso in età ancor fresca in Macerata nel 15/j i. Un’ Orazion da lui detta alla Repubblica di Lucca, molte Lettere e molte Rime son le opere che del Guidiccioni ci son rimaste, e che veggonsi nelle accennate edizioni. Delle Poesie di esso parmi che più saggiamente di tutti abbia giudicato l’ autor dell’ articolo inserito nel Giornale d’Italia (t. 1, p. 194), dicendo che lo stile, singolarmente ne soggetti gravi ed eroici, a quali più si adatta che agli amorosi, non può essere nè più nobile, nè più sostenuto, e che dallo studio di spiegar nobilmente ogni cosa trasse per avventura quella oscurità che in lui talvolta si scorge. E tale appunto era stato fin da que’ tempi il giudizio di Giulio Giraldi: Fuit et in eorum numero, dic egli (De Poet. suor, temp. dial 2), Joannes Guidiccionus Poeta admirandi ingenii, in cujus scriptis mirae animi conceptiones cernuntur, verbis etiam non minus electis proditae et explicatae; sed interdum obscurior esse vi detur quam par esset in ea dicendi forma. In his vero carminibus, in quibus 1 ialine miscras calamilates atque infortunia, complorat, suae istius praeclarae dictionis testimonia legentibus exbibct.