Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/511

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TERZO lG(53 a’ ~ di ottobre dell’ anno stesso (Lctt. I. 2, p- 97)» ^ una fierissima invettiva contro il Franco; cui svillaneggia e maltratta colle più incivili e grossolane espressioni; esalta i beneficii ch egli aveagli fatti * accogliendolo mendico ed ignudo, e tenendolo seco più anni; mostra chiaramente che le Lettere stampate dal Franco erano la principale origine del suo sdegno; racconta le battiture e gli sfregi che in varie occasioni avea il Franco avuti in Venezia per la sua maldicenza, e singolarmente la pugnalata con cui Ambrogio Eusebi servo dell Aretino avealo di fresco gravemente ferito nel volto. Il Dolce, a cui egli scrive, era egli stesso nimico giurato del Franco. come ci scuopre una lettera da lui scritta all’ Aretino (Lettere all’ Aret. t. 1, p. 3^2)} la qual non ha data, ma è certamente più antica di quella mentovata or ora; perciocchè vi si parla, come d' 110111 privato, del Bembo che fu eletto cardinale nel marzo del detto anno, e del Franco si dice, ch era già tre giorni venuto a Venezia. Questa lettera ancora è scritta colla medesima civiltà di quella dell’Aretino; ma ci dà certe particolari notizie della vita del Franco > alcune delle quali però non hanno altro fondamento che la non troppo autorevole asserzione del Dolce. Ei dice che il Franco era uso in Napoli di servir per famiglio, e di strega giare i cavalli; accenna alcuni Epigrammi latini da lui stampati nella detta città, i quali son forse quelli che forman l opera sopraccitata, e intitolata Hisabella; parla ancora del Comento da lui composto sopra la Prinpea