Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/689

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TERZO I84I nell’anno diciassettesimo fu in quattro di esse, cioè nella giurisprudenza sacra e civile, nella teologia e nella filosofia onorato solennemente della laurea. Agli studi legali egli erasi rivolto soltanto per secondare i comandi del padre; ma seguendo l’esempio di tanti altri che nel decorso di questa Storia abbiam rammentati, presto se ne annoiò, e volse loro le spalle, per darsi tutto a’ poetici, a’ quali era dalla natura portato. La fama del raro ingegno del Tasso fece che il vice legato di Bologna Pier Donato Cesi, poi cardinale e legato, e protettore splendidissimo de' buoni studi, colà il chiamasse, e il Tasso recatovisi, diede gran saggio del suo talento in quelle accademie e in quelle pubbliche scuole. Il marchese Manso nella diffusa Vita che scrisse del Tasso, racconta che da Bologna ei fu richiamato a Padova da Scipione Gonzaga, il quale, avendolo in questa città conosciuto, non sapea stare da lui lontano. Ma una lunga lettera inedita di Torquato allo stesso vice legato, ch’ io tengo presso di me, scritta per altrui mano, ma da lui medesimo sottoscritta, ci scuopre un anedotto sconosciuto finora a chiunque di lui ha trattato. Da essa raccogliesi che il Tasso fu in Bologna accusato di essere stato l’autore d’alcuni versi infamatorii, che perciò gli fu da’ birri cercata tutta la casa, e tutti gli furono tolti i. suoi libri, ed egli perciò partissene da Bologna. Di quest’ accusa ei si purga con molta forza in detta lettera, e si duole dell’ ingiurioso trattamento che gli era stato fatto: Perchè, dic egli fra le altre cose, alla mia stanza per una lieve ne molto