Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/698

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l85o. LIBRO a Hernia ancora dal Manso, il quale però aggiugne che due altre Leonore si credette da alcuni ch’egli amasse, cioè Leonora Sanvitale moglie di Giulio Tiene conte di Scandiano, e una damigella della principessa medesima, che por- * lavane il nome. Ma ch' ei si lasciasse trasportar tant’ oltre innanzi al duca medesimo, e in un tempo in cui le paure e i sospetti che lo travagliavano, dovean renderlo assai più timido, non parmi, a dir vero, cosa molto probabile. Io credo che il duca a ciò s’inducesse principalmente per gli indicii che dava il Tasso di fantasia alterata e stravolta, i quali potean fare temer di peggio, se non vi fosse posto opportuno rimedio. Due volte era già egli fuggito di corte, e nel suo andar qua e là rammingo ed errante, e nelle lettere scritte agli amici e a diversi principi mostrava di aver l’ animo altamente turbato. Credette egli perciò, che e al- i 1’ onore e alla salute del Tasso niuna cosa po- J tesse esser più utile, che il tenerlo non già 1 prigione, ma custodito, e intanto proccurare 1 con opportuni rimedii di calmarne l’animo c la 1 fantasia. Ma ciò che Alfonso operò a vantaggio i del Tasso, non servì che a renderne sempre peggiore la condizione. Gli parve di esser prigione, e mille fantasmi cominciarono a ingombrargli la mente. Or sembravagli di esser reo di discorsi tenuti in dispregio de’ principi, or d’infedeltà verso il duca suo padrone, or di troppo liberi trasporti amorosi. Dolevasi insieme di essere oppresso da’suoi nimici; scriveva agli amici, a’ principi d’Italia, alla città di Bergamo, e all’ imperadore medesimo, chiedendo