Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/706

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1858 LIBRO XLIX. Passiamo ora a dir delle opere ch’ei ci ha lasciate, il cui numero è sì grande, che appena potrebbe credersi che un uomo di non lunga vita, e per tanti anni divvenuto bersaglio dell’avversa fortuna, potesse giugnere a scriver tanto. Ma egli ebbe la sorte che nel tempo medesimo delle sue maggiori sventure, e anche mentr era confinato nello spedal di Sant’Anna, ebbe nondimeno la mente, in ciò che appartiene agli studi, libera e sana. Gli originali di molte delle opere del Tasso, come delle Rime, delle Lettere e di diversi Dialoghi, ec., si conservano in questa biblioteca Estense, e vi si veggon le molte cancellature con cui egli ritoccava e ripuliva i suoi scritti, che sono di un carattere pessimo e appena intelligibile. Io non farò che accennare i molti trattati e i molti dialoghi in prosa, altri di materie morali, altri di letterarie, e le moltissime lettere, altre famigliari, altre di argomenti spettanti alla poesia, nelle quali opere il Tasso è scrittore ingegnoso e profondo, ma talvolta troppo sottile; e scrive con eleganza, la qual però talvolta è più ricercata, che in tali componimenti non si vorrebbe. Del poema giovanile intitolato il Rinaldo si è detto poc’ anzi; dell Aminta e del Torri smondo ragioneremo più sotto. Le Sette giornate, poema sacro in versi sciolti, da lui composto negli ultimi anni, e non condotto alla sua perfezione, nè uscito in luce, se non poichè egli fu morto, ed altri minori poemi, come le Lagrime di Maria, il Monte Oliveto, la Disperazione di Giuda, benchè da esso composti negli anni suoi più infelici. mostrano non di