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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/166

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2128 LIBRO difficile e scabroso argomento, il Sadoleto, a cui il Paleario nel 1536 ne inviò copia prima di pubblicarlo, fu preso per modo e dall’eleganza dello stile, e da’ religiosi sentimenti che l’autore vi avea sparsi per entro, che gliene scrisse una lettera piena di encomj, in cui fra le altre cose così gli dice: De quot ut tibi vere exponam, quod sentio, hoc judicii feci, eorum, qui in eo genere voluerunt esse, sane paucos et nostra et superiore memoria aeque eleganter scripsisse atque tu; eruditius certe neminem. In quo mihi illud mirifice probatum est., quod haec tua scripta non accersitis fucosisque argumentis, neque, quo magis poetica videantur, a fabulosa illiusmodi Deorum vetustate repetitis, sed sancta et vera religione condita sunt Tua ista eximia erga Deum pietas, quae se se in tuis scriptis primum offert, nos cogit de te deque omni sensu animi tui excellentique doctrina praeclare existimare (Epist. t. 2, p. 369, ec.). E siegue poscia encomiando altamente lo stesso poema, e ne scrive ancora ne’ medesimi sentimenti a Lazaro Buonamici (ib. p. 372), e a Sebastiano Griffi stampator in Lione (ib. p. 377)> esortandolo a darlo in luce. Bellissima è un altra lettera a lui scrittà dal Sadoleto, quando questi ne lesse l’Apologia che il Paleario, accusato d’eresia in Siena, avea scritta in sua difesa. In essa scorgesi l’indole amabile e l’ottimo cuore di questo grand’uomo, il qual persuaso che la dolcezza fosse la più efficace via e a tener lungi e a richiamare dall’errore i fautori delle nuove opinioni, interpreta come può meglio alcuni passi che \