Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/169

Da Wikisource.

TERZO 213l pur l’epoche principali («). Si sa solamente di’ ei fu al servigio del celebre Ferdinando Sanseverino principe di Salerno , che ebbelo molto caro. Il detto P. abate Ricci crede (Note al poema l)e Princ. rer. p. 194? e(^ Veti. 1754) eh egli morisse circa il 1550; anzi l’Origlia ne anticipa la morte all’anno 1545 (Stor. dello Studio. di Nap. t. 2, p. 32). Ma tra le Poesie del Capece abbiamo (p. 266 cit. ed.) un’elegia al Seripando già cardinale, al qual onore ei non fu sollevato che nel 1561, onde almeno fino a quell’anno continuò egli a vivere. Cominciò il Capece a dar saggio del suo valore poetico con un poema in tre libri diviso, in lode di S. Giovanni Battista, intitolato De Vate Maximo, di cui solo fa menzione, perchè solo erasi allora veduto, il Giraldi (l. cit. p. 572), il qual però non ne forma che un mediocre encomio. E forse questo poema meritava qualche più ampia lode. Ma assai maggiore l’ottenne il Capece colf altro poema in due libri, intitolato De Principiis rerum, che fu da lui dedicato al pontefice Paolo III, e stampato la prima volta nel 1542. In esso egli espone tutto intero il sistema di fisica, quale allora si conosceva, e lo espone con una facilità e con una eleganza che nella oscurità di sì astruso argomento è ammirabile, e tal parve al Bembo e al Manuzio che paragonaron perciò il Capece (a) Del Capece si possnn vedere copiose ed esatte notizie nell* opera altre volte lodala del sig. Lorenzo Giustiniani (Scritt. legali napoL t. 1, p. 171, ec.). TlRÀBOSCUl, Voi. XIII. II