Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/17

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TF.RZO dal che egli raccoglie che più degno di lode era quel secolo stesso in cui il solo amore della virtù e degli studj produceva sì grandi e sì copiosi frutti, che quel di Augusto e di Mecenate, in cui la speranza del guiderdone eccitava gli animi ancor più indolenti e più pigri. Questo lamento fatto a’ tempi di Leon X non può non sembrare strano e importuno. Ma già abbiamo altrove veduto (l. 1, c. 2) che altri ancora menarono somiglianti querele; e forse il vedersi dalla corte poco curato, fu ciò che indusse l’Arsilli a dolersi in tal modo, mentre pur Roma risonava per ogni parte degli elogi che gli eruditi, e singolarmente i poeti, rendevano a Leone. Passa indi a annoverare i più illustri poeti ch’erano allora in Roma, c il Sadolrto e il Bembo sono i primi che’ egli ci mette innanzi; e le lor poesie latine sono in fatti degne degli encomj di cui egli le onora. Ma di essi già si è parlato. Loda poscia un certo Antonio Colonna, in modo però, che non s’intenderebbe che di lui ragionasse, se non ne avesse segnato in margine il nome nel primo esemplare. Nè di questo poeta io ho altra notizia. Siegue il Vida, di cui ci riserbiamo a dir tra non molto; e, dopo il Vida, Francesco Spel lilo da Camerino, ch" egli celebra come ugualmente elegante e nella Poesia elegiaca e nell eroica e nella lirica. Di lui fa menzione ancora il Giraldi (l. c. dial. 1, p. 542) che lo nomina Francesco Sferulo, e dice che oltre i libri elegiaci dell’Amor conjugale, e gli Epigrammi e le poesie liriche già composte, avea tra le mani non ancora finite le Imprese di