Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/257

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TF.RZO 2 219 congedo, sen venne a Roma. Ma appena egli \ \ giunse, Marcello fu tolto alla Chiesa da immatura morte; e il Vettori dolentissimo di tal perdita, fece ritorno a Firenze e alla sua cattedra, eli’ egli poscia sostenne sin quasi al fine della sua vita, senza mai cessare al tempo medesimo di giovare alle lettere colle sue dotte fatiche. Morì aT8 di dicembre 1585, e fu onorato di solenni esequie nella chiesa di S. Spirito, ma più ancora dal comun dolore de’ dotti, che pianser la perdita di un uomo che tanto vantaggio avea recato alla letteratura, e che al tempo medesimo co’ suoi innocenti costumi, colle amabili sue maniere, colle sue più rare virtù si era acquistato non sol la stima, ma l’amore di tutti. Appena è possibile il dare un’idea delle grandi fatiche dal Vettori intraprese a promuovere e a perfezionare i buoni studj. Egli occupossi con incredibil sofferenza a migliorare l’edizioni degli antichi scrittori greci e latini, confrontando tra loro diversi codici, scegliendone le migliori lezioni, e rendendo ragione della sua scelta , e spiegandone i passi più oscuri. Così a lui dobbiamo una bella edizione dell’Opere di Cicerone, fatta in Venezia da’ Giunti, a lui gli Scrittori antichi d’Agricoltura riveduti e corretti, a lui le Commedie di Terenzio, le Opere di Varrone e quelle di Sallustio più esattamente dato alla luce. L7> letlra di Euripide, e varie opere di Michel d’Efeso, di Demetrio Falereo, di Platone, di Senofonte , d1 Ipparco , di Dionigi d’Alicarnasso , di Aristotele, le Tragedie di Eschilo, le Opere di Clemente Alessandrino furon da lui o