Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/268

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2230 LIBRO Un’altra lettera cel mostra in Venezia nel luglio del 1529 (l. cit. p. 294) 7 e un’altra di nuovo in Bologna a’ 18 di febbraio del 1530 quando ivi era Carlo V per ricevere la corona imperiale (ivi. t. 1, p. 208). Ma allora era egli vicino a intraprendere il primo suo viaggio verso la Francia, di cui parla nella medesima lettera. XIV. Non avea finallora il Cammillo pubblicata opera alcuna; ma andava seco medesimo meditando il disegno di un cotal suo teatro, in cui, come dice egli stesso (ivi, p. 212); dovean essere per lochi et imagi ni disposti tutti quei luoghi , che posson bastare a tener collocati , et ministrar tutti gli humani concetti, tutte le cose, che sono in tutto il mondo, non pur quelle, che si appartengono alle Scienze tutte et alle arti nobili et meccaniche. Questo teatro doveva esso venire adombrato sol colla penna? dovea essere disegnato colla pittura? dovea esser fabbricato o di legno , o di pietre? Chi può indovinarlo? Io credo che lo stesso Cammillo non bene il sapesse. Ei ne diede , come vedremo , l’idea , che forse da lui medesimo non fu intesa. N i fu chi poscia la disegnò col pennello; e taluno ancora afferma che lo stesso Cammillo ne mostrò l’esecuzione in una gran macchina di legno, di che tra poco diremo. Ma in qualunque modo fosse questa idea sensibilmente spiegata, gran rumore se ne fece allora in Italia per le ampie promesse che l’inventor di essa faceva di voler in brevissimo tempo insegnar tutto ciò che dall’umano intelletto si potesse comprendere,