Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/276

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2238 LIBRO era, perchè il facesse venire alla sua corte, e si facesse spiegar l’idea del suo teatro. Se la soverchia lunghezza non mel vietasse , io recherei qui volentieri due lettere del Muzio a Francesco Calvo (ivi, p. 68), nelle quali racconta in qual modo il marchese s’invaghì di avere presso di sè il Cammillo; come questi, al suo ritorno di Francia , gli venne innanzi in Vigevano, e come sì felicemente spiegogli la sue idee, parlando seguitamente per cinque mattine lo spazio di un’ora e mezza, che il marchese ne fu rapito, e prima ancor eli’ ei compisse la sua spiegazione, gli assegnò un’annua entrata di 400 scudi; e perchè il Cammillo dovea fare una scorsa a Venezia, altri 500 gliene fece dare per viaggio. Queste lettere ci danno una sì bella idea delle amabili maniere e della splendida liberalità di quel gran cavaliere verso i dotti, che non si posson leggere senza sentirsi commuovere a tenerezza , e senza dolersi insieme che tanta munificenza non fosse a miglior uso rivolta. Ma esse al tempo medesimo ci fan conoscere che il Cammillo era uno di quegli eloquenti e facili parlatori-, sulle cui labbra ogni motto sembra un oracolo. Ecco come il Muzio descrive il primo ragionamento che col marchese ebbe il Cammillo: Istandosi il Signore in letto senza altri testimonii, serrata la camera per mano mia di dentro, Giulio Camillo cominciò a render ragione delle sue invenzioni. E per un ora e mezza ragionò con tanta /eli ità di lingua, con tanta abbondanza di cose, e con tanto ordine, che il Marchese ne rimase intronato. A me non pane