Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/28

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199° LIBRO cd. 1770), e un magnifico elogio ce ne ha lasciato Giampierio Valeriano a lui dedicando il libro ix de’ suoi Geroglifici: Tu quoque, dic egli, nullum dicendi genus, nullam arcanae quantumlibet doctrinae partem intactam reliquisti, quae de. divinis humanisque studiis, de rerum natura, de moribus, de ratione docendi, de quacumque re vel dici, vel excogitari possunt, tuo illo magno ingenio felicissimaque memoria complexus es, ut vix alterum aetate nostra conspiciam, quem Varroni illi litteratissimo conferre possim. Ma più celebre ancora fu il primo, e degno perciò che se ne parli con maggiore esattezza; nel che ci potrà servire di scorta l elogio che ne è stato in-j serito tra quelli degl illustri Toscani { t. 2), e ciò che ne ha scritto il ch. P. abate e poi monsignor Galletti all occasione di pubblicarne nel 1777 due nuove orazioni. Tommaso Inghirami nobile di Volterra, figlio di Paolo e di Lucrezia Barlettani, e nato nel *4;°? hi età! di due soli anni fu costretto pe'tumulti civili a lasciare la patria e a ritirarsi a Firenze! donde poscia nell an 1483 passò a Roma! ove tutto si consacrò alle Muse; e perchè era non solo di pronto e vivace ingegno, ma or-j nato ancora di quelle doti che alle teatrali rap-j presentazioni sou necessarie, essendosi avve-j mito in que’ tempi ne quali, come altrove si è osservato (t 6, par. 3, p. i"òor), comincia^ 10110 esse a rinnovarsi in Roma per opera sin-j golarniente del cardinale Rafaello Riario, in ciò si rendette celebre ringhirami; e nel recitare tra le altre la tragedia di Seneca intitolata