Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/307

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TERZO 2 2Gl) pontefice, il volle ili nuovo professore nella Sapienza, e ivi continuò il Pio a vivere e ad insegnare, finchè giunto all’età di ottanta anni, un giorno dopo aver lietamente pranzato, preso tra le mani il libro di Galeno degl1 Indici! «Iella vicina morte, gli parve di averli patenti nelle macchie delle sue unghie, e senza punto turbarsi, dispostosi alla morte, fu da essa quasi senza alcun male sorpreso non molto dopo (Jovius in Elog.). Io non farò il catalogo delle opere del Pio, le quali son molte, e per lo più appartengono alla gramatica latina e greca, o alla illustrazione degli antichi scrittori. Egli era uomo erudito, ma di quella erudizione ispida e selvaggia che uccide i lettori colla soverchia minutezza delle inutili riflessioni; oltre che lo stile ne è duro e stentato , quanto esser possa. Ei fu perciò deriso da molti fin da quando vivea; e in Roma singolarmente, ove tanti leggiadri ed eleganti poeti eran raccolti a’ tempi di Leon X, fu, come narra il Giovio (ib.), chi scrisse una commedia, la qual ancor fu stampata, in cui introducevasi a ragionare il Pio in quel suo stile grottesco, per cui poscia venivagli dato quel poco onorevol gastigo che i pedanti danno talvolta a’ fanciulli. Anch’egli però fu amante della poesia, e ne abbiamo non pochi versi latini che se non sono elegantissimi, superan però di gran lunga le prose da lui pubblicate. Quindi saggio e prudente è il giudizio che ne dà il Giraldi: Baptista quoque Pius Bononiensis versus aliquando facit, cujus etsi obscura et coecata est oratio, ita ut plerunque inquinate loqui videatur, versus tamen,